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La città si era fermata, la zona universitaria era presa e barricata, tanti compagni erano andati a Roma per la manifestazione nazionale.

C’era, invece, il nostro bisogno di elaborare il lutto.

Fiumi di parole correvano nelle assemblee, nei gruppuscoli e, ovviamente, sulle onde di #RadioAlice.
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Tutti avevamo chiaro però che la nostra vita da quel giorno non sarebbe più stata la stessa.

Il periodo dell’innocenza era concluso, da adesso, ogni volta che avessimo preso la parola, dovevamo aspettarci che un qualche sgherro del KosSSiga Furioso ci sparasse addosso.
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Sì, Bonvi (quello di Sturmtruppen e Nick Carter, sì) la mattina delirava in Radio con Red Ronnie di cittadini solidali con noi “studenti”, ma chissà cosa s'era fumato, oltre ai lacrimogeni.

Chi si fa sparare addosso non ha la solidarietà delle maggioranze.
Lo sapevamo bene.
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È con questi pensieri in testa che la sera di quel sabato eravamo in radio in una ventina.

Io nel mio ruolo di tecnico stavo adattando dei ricetrasmettitori CB (“baracchini” in gergo) da utilizzare per utilizzarli in trasmissioni volanti dalle assemblee e dalle piazze.
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Non mi aspettavo certo di partecipare a un film di serie B come quello di cui stavamo diventando protagonisti.

E invece eccoli lì, sul ballatoio di fronte, armati di mitra e corazzati nei giubbotti anti-proiettile, che allora non s'erano visti mai. Non eravamo abituati a
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vedere la swat in ogni telefilm, come oggi.

Per la prima volta avevo visto quest’abbigliamento da assassini nel film “Il caso Katarina Blum”, poco tempo prima e mi aveva impressionato.

Ma eccoli lì, fuori dalla nostra porta, nella loro divisa di feroce idiozia!
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