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Ancora oggi, nella notte di San Giovanni (o nel fine settimana più vicino), si svolge la sagra a lui dedicata e "si dà fuoco all'Isola", con una spettacolare esibizione pirotecnnica che illumina cielo e lago, a monito e ricordo di quanto avvenuto.
Intanto il Castello Baradello, che più volte ospitò il Barbarossa e che da luo venne fatto riedificare e donato alla città, domina e vigila su Como.

Grazie per avermi seguita fin qui, buona serata.

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Appena l'isola fu sgombra, i comaschi presero a distruggere ogni edificio, gettandone le pietre nel lago per impidirne la riedificazione. Venne risparmiato solo il tempietto di San Giovanni Battista.
E dopo la furia distruttrice venne il monito del vescovo di Como, Anselmo della Torre: "Non suoneranno più le campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l'oste, pena la morte violenta".
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Anche Como, sempre rimasta fedele all'imperatore, ebbe la sua vendetta distruggendo Porta Comasina e nel febbraio del 1169, certa non soltanto dell'appoggio imperiale ma anche delle fortificazioni che il Barbarossa aveva fatto riedificare nel frattempo, decise di prendersi la propria vendetta ai danni dell'odiata Isola. Canonici e monache, come anche gli isolani, furono costretti ad abbandonare quel luogo, migrando a Varenna e a Sala Comacina.
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Consapevole del fatto di non poter contrastare da sola Como, pur parteggiando per i milanesi, l'Isola - il cui territorio iniziava a Colonno e si estendeva fino a Ossuccio e Lenno, strinse alleanze con altri borghi del lago. Milano, intanto, chiese ed ottenne uomini in armi da Mantova, Cremona, Bergamo, Brescia, Verona, Vercelli, Asti, Novara, Parma, Bologna e Ferrara, grazie alle promesse dell'imperatore e dell'antipapa Bordino.
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Come avrete certamente capito, la cartina geopolitica dell'epoca era ben diversa dall'attuale: Milano era piccola, poco più estesa dell'odierno centro, e cercava di espandersi; Como aveva forti legami con la Valtellina e si estendeva in alcune aree dell'attuale Canton Ticino. E il lago? Il lago era costellato di borghi e pievi. Tra queste, Pieve d'Isola, che da tempo mal sopportava la sudditanza a Como.
Ora la guerra le offriva un'opportunità.
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Qui però Landolfo, forte della protezione imperiale, usurpò svariate prerogative della chiesa di Como, infeudò parecchi diritti e si comportò come vescovo, nonostante i comaschi avessero eletto a tale carica Guido Grimoldi da Cavallasca, nel 1096, e infischiandosene sia dell'accusa di simonia sia della scomunica lanciata su di lui nel 1098. I comaschi, pazienti ma non ciula, alla fine passarono alle maniere forti, catturandolo nel 1118.
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In questa piccola località, oggi parte della Svizzera affacciata sul Lago di Lugano, venne fatto prigioniero dai comaschi il vescovo di Como, Landolfo da Carcano, appunto nel 1118, dando così origine alla guerra, destinata a durare un decennio, tra Como e Milano.
Se questa cattura fu il casus belli, però, in realtà i rapporti tra le due città erano tesi già da tempo: come dicevo prima, la Storia è tutto un susseguirsi di causa-effetto.
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Se sul davanti il Duomo non è cambiato granché, fatta salva la piazza, rimpicciolita per far posto ai tavolini dei vari bar, basta andare sul lato opposto per trovare non poche differenze.
Dove si passeggiava a piedi, oggi transitano automobili, bus e persino una linea ferroviaria (sì, #Trenord, ma non abbiate fretta, ci torneremo poi all'argomento treni, fidatevi!)
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